L’Imperatore Francesco Giuseppe
e il XXIII
Congresso Eucaristico Mondiale di Vienna (1912)
di
Don Antonio Pavissich S.I. (1)
(“
Vienna nuova
Conobbi Vienna 40 anni fa e vi dimorai
lungamente: quando la regina del danubio,
la residenza dell’Imperatore Apostolico, era in balia del giudaismo trionfante,
che vi aveva piantato il suo trono col culto del vitello d’oro; quando il
governo e il parlamento gareggiavano in manomettere la religione e si coniavano
le famose leggi contro il matrimonio cristiano, contro la scuola cristiana,
contro la libertà della Chiesa; leggi che Pio IX chiamò
abominevoli; quando il giornalismo
viennese, quasi interamente venduto all’alta banca giudaica, gettava a piene
mani il fango sui misteri della fede, vituperava Gesù Cristo nel presepio e
sulla Croce, oltraggiava turpemente
Ed ora invece quale
cambiamento! Vienna si è in 40 anni rinnovata materialmente, perché si può dire che fu tutta rifabbricata e che ha raddoppiato il
numero delle case e degli abitanti; ma, quanto lo spirito è più della materia,
tanto riesce più ammirabile il suo rinnovamento religioso e morale. Onore a
quei valorosi che hanno lavorato, penato e spesso agonizzato, per compiere un
cambiamento sì prodigioso! Onore al clero e al laicato militante, che non hanno perduto la fiducia nella causa di Dio e della sua
Chiesa, quando tanti e tanti, anche tra i buoni, non vedevano alcun raggio di
speranza e perciò stavano colle mani alla cintola! Onore soprattutto a quel uomo del popolo, che confidò nel buon senso e nel buon
cuore del popolo e, portato sulle spalle dal popolo, arrestò come per incanto
la corsa devastatrice del liberalismo, del giudaismo e del socialismo, dicendo:
“Indietro, o traditori e sfruttatori del popolo! Questo popolo non è vostro, ma
di Cristo; Vienna non sarà giudaica, ma cristiana”. E come disse, così eseguì colla sua invincibile eloquenza
l’O’Connell, il Windthorst viennese. Onore a Carl Lueger.
Vienna non è più il primo ghetto del mondo,
la nuova Gerusalemme della sinagoga deicida, il gran bazar dei vampiri bancari
e borsaiuoli; ma è la degna capitale di un grande impero cristiano, che
combatte valorosamente in campo aperto contro i nemici della fede e ne
fronteggia efficacemente l’audacia e la prepotenza. Vienna è oggidì una città,
dove non solo nella vita privata, ma anche nella vita pubblica il nome
cristiano non è più segno d’infamia, ma di onore e di
gloria. Vienna è una città spiritualmente rinnovata, una città
eucaristica, che in questi giorni si accinge a rendere con pompa non più veduta
il suo solenne omaggio a Gesù Sacramentato.
Guardate, osservate, ascoltate, leggete:
tutto vi parla di lui e del carattere religioso, apertamente cattolico di
questa città mondiale coi suoi due milioni di abitanti;
tutto vi rivela il suo profondo rinnovamento cristiano; tutto vi dimostra
ch’essa è in gran festa per il 23° Congresso Eucaristico Mondiale.
Dalle torri e dalle facciate delle chiese,
dai palazzi e dalle case più modeste, sventolano bandiere innumerevoli, papali
e imperiali, tra cui, specialmente dinanzi e intorno alle chiese, pendono dalle
antenne i gonfaloni eucaristici riccamente fregiati, con in
mezzo l’Agnello divino e intorno l’iscrizione Ecce Agnus Dei qui tollit peccata mundi. Busti del Pontefice e
dell’Imperatore, arazzi e damaschi sui poggioli e sulle finestre, festoni e
pavesi, di vari colori e di forme diverse, adornano singolarmente le piazze e i
centri più animati dal movimento cittadino.
Nell’interno delle chiese non trovate gli
addobbi sfarzosi delle chiese italiane, ma la semplice e maestosa magnificenza
del gusto germanico, adattata alla severità architettonica dei templi: festoni
sottili di verde frasca intrecciati di fiori, piante sempre verdi, trofei di
bandiere e arazzi preziosi, armonizzati colle linee gotiche e colla cupa
solennità dell’ambiente. Fra tutte primeggia, coi suoi
gobelins, arazzi, damaschi e
giganteschi candelabri, il duomo di S. Stefano.
E in mezzo a questo indescrivibile
spettacolo di festa e di magnificenza universale, un altro, forse più
grandioso, si offre, continuo e sempre vario, agli occhi dell’osservatore: una
vera fiumana di popolo, che si affolla e si accalca dappertutto, volgendosi
dalle stazioni della ferrovia e dai sobborghi verso l’interno della città e
specialmente al punto centrico, cioè alla piazza di S. Stefano.
Dappertutto campeggiano n elle
sfarzose vetrine dei negozi simboli, fregi, ricordi, illustrazioni, immagini,
medaglie, stampe eucaristiche; dappertutto vi assediano i venditori ambulanti e
gli strilloni, per offrirvene d’ogni specie; dappertutto v’incontrate in
persone d’ogni ceto, preti, frati, suore, signori, signore, signorine,
popolani, contadini e contadine delle varie province austriache, nei loro
vestiti pittoreschi, che portano al petto la coccarda eucaristica. Tutti hanno scolpita in fronte la letizia del grande avvenimento, tutti
parlano del congresso con accento di entusiasmo, tutti mostrano la gran fretta
che hanno addosso di giungere là dove li aspetta o una funzione, o un’adunanza
eucaristica, o la tessera da pigliare, o il biglietto da assicurarsi per
qualche convegno.
Quante volte al passaggio di un sacerdote si
vedono levarsi i cappelli degli uomini e le donne viennesi rivolgergli il
saluto cristiano, e i fanciulli fargli festa di
sorrisi, d’inchini e di apostrofi vivaci ed ingenue! Quanta premura
in tutti i cittadini di offrire spiegazioni, informazioni ai forestieri! E le tramvie e gli omnibus e le automobili e le vetture,
cambiatesi quasi dissi in altrettanti alveari, intorno a cui come api si
addensano a grappoli le persone per entrarvi quasi d’assalto!
Ecco un aneddoto colto di volo in una corsa
della tramvia. Un viennese dice al suo vicino:
-
Hai capito? Il Van Rossum è già qui.
- è
già qui? Che vuoi dire con ciò?
- O bella!
Voglio dire che prima non c’era.
- Bravo! – ripiglia in tedesco un
boemo – Rossum da noi vuol dire ragione; ragione che prima non c’era a Vienna e
che il Legato vi ha portato a nome del Papa. Ora sì
che l’avete, voi viennesi!
Sì, Vienna ha scosso il giogo dell’empietà e
della corruzione, si è rinnovata cristianamente; il congresso eucaristico n’è
la prova più evidente e grandiosa. E la sua salute è venuta dal centro della
vita cattolica, cioè da Roma, come tutte le opere di
rinnovamento religioso e morale; il ramo asburgico è rifiorito, perché
intimamente congiunto al tronco vitale di Roma cattolica. Di tale rinnovamento
la presenza del Legato Pontificio al Congresso eucaristico è, a dir così, la
ragione personificata.
Non si creda però che tutta Vienna viva nella luce del suo rinnovamento cristiano. Vi sono
purtroppo le ombre e le tenebre. Ombre di liberalismo e tenebre di socialismo. Il
primo è un’ombra del passato, ma è sostenuto dal giudaismo dell’alta finanza, a
cui sono venduti in gran parte i giornali viennesi e da cui dipendono il
commercio, l’industria, l’arte, la letteratura e i tanti veicoli della moderna
cultura, fattasi propagatrice di empietà e corruzione.
Il secondo accarezzato ed aizzato dal primo, ateo, feroce, brutale,
impadronitosi degli operai industriali, minaccia di ricacciare la società nelle
tenebre della rivoluzione e del caos, non riconoscendo altra legge che quella
dell’istinto selvaggio, altro ideale che la lotta di classe per il trionfo del
proletariato. L’uno e l’altro collegati insieme con un
programma puramente negativo di guerra al cattolicesimo non rifuggono da alcun
mezzo, per riuscire vincitori.
A citare un esempio recentissimo, in questi
giorni del Congresso,
Tali ombre però e tali tenebre non fanno che
dar maggior risalto alla luce di quel rinnovamento cristiano, che abbiamo testé ricordato. Così è sempre nella storia della Chiesa. Il
dragone infernale freme, sibila, schizza fuoco e veleno, minaccia di mordere e di strozzare,
ma finisce poi con farsi schiacciare la superba cervice.
L’arrivo del Legato
Ho assistito a Vienna più volte a
festeggiamenti solenni all’arrivo dei Sovrani di Germania, d’Italia, di Persia
e di altri principi regnanti per l’esposizione mondiale
del 1873; all’ingresso trionfale della sposa novella dell’infelice principe
imperiale Rodolfo, Stefania del Belgio; al grande corteo storico e alle pompe
popolari per le nozze d’argento dell’Imperatore Francesco Giuseppe colla
sventurata Imperatrice Elisabetta. Vidi in tali occasioni
tutto lo sfarzo che uscendo dalle consuete tradizioni di semplicità e di
modestia, sa spiegare la corte vetusta dei sovrani d’Asburgo, e tutto
l’entusiasmo cavalleresco di cui è sempre capace l’indole schietta e bonaria
della cittadinanza viennese.
Confesso però che non vidi
mai uno spettacolo così sublime e insieme semplice, così grandioso e insieme
tenero e commovente come l’arrivo del Cardinal Legato e il suo ingresso solenne
nella capitale dell’Impero austriaco. Nei casi sopraccennati si trattava
di personaggi e avvenimenti conosciuti già prima, aspettati, desiderati e
festeggiati per ragioni d’interesse politico e di affetto
dinastico; nel caso presente Vienna accoglieva un uomo che fino a ieri era un
umile religioso, non conosciuto neanche di nome, e celebrava un avvenimento
d’importanza puramente spirituale. Ma quest’uomo era
il rappresentante del Vicario di Gesù Cristo e quest’avvenimento era il
Congresso eucaristico; di qui il carattere strettamente religioso dell’uno e
dell’altro, che impresse all’ingresso del Card. Legato una solennità religiosa
e perciò veramente sublime.
Bisognava vedere quelle due fitte e dense
spalliere di popolo, che si stendevano dalla stazione ovest fino a S. Stefano e
da S. Stefano fino al palazzo imperiale, dove Francesco Giuseppe volle ospitare
l’inviato del Papa al pari dei sovrani regnanti. Bisognava vedere i due cordoni
di membri delle associazioni cattoliche e specialmente delle associazioni
mariane, schierati in prima fila, coi loro distintivi,
colle coccarde eucaristiche al petto e coi loro stendardi variopinti, dorati e
riccamente ricamati. Bisognava vedere le immense ondate di popolo che si
aggiravano dietro alle file, la selva d’innumerevoli bandiere, le case
pavesate, le finestre gremite, il contegno dignitoso, devoto di quelle
centinaia di migliaia di persone, comprese dall’atto
solenne che rendevano al rappresentante del Vicario di Cristo lungo quella via
veramente trionfale. Chi ha veduto tutto ciò non può
non serbarne incancellabile la ricordanza e riconoscere che solo il sentimento
religioso sa ispirare manifestazioni così semplici e così sublimi.
Ricevuto al confine austriaco della Pontebba
da una deputazione, a capo della quale era il presidente del comitato di
ricevimento Conte Jaroslav Thun, salutato al confine diocesano di Rekawinkel da
un’altra deputazione, il cui capo era il vescovo ausiliare mons. Pflüger, Sua
Eminenza il Legato Pontificio giungeva a Vienna col treno di corte, posto per
ordine dell’Imperatore a sua disposizione, alle 15.50 del giorno 10 settembre,
accompagnato dalle persone del suo seguito, mons.
Sinibaldi, Barone Schönberg, Principe Lancelotti, mons. Borkovic e P. Drehmanns.
La stazione ovest era
riccamente addobbata come all’arrivo dei sovrani. Nel vestibolo interno
lo aspettavano il Nunzio pontificio, S. E. Mons. Scapinelli, coll’Uditore Mons.
Rossi e col segretario Mons. Ogno, come pure l’ambasciatore austriaco presso
Appena il Card. Van Rossum apparve sulla
soglia esterna, tutti gli astanti proruppero in applausi e grida di evviva: hoch, hoch,
hoch! Tra cui si distinguevano bellamente le voci argentine dei fanciulli e delle fanciulle; mentre il concerto intonava
l’inno imperiale del giubileo e, quando il Cardinale fu salito in vettura, la
marcia generale. Fu un momento di vivissimo entusiasmo.
I tre cocchi giganteschi e sfarzosi, nel
terzo dei quali siede il Legato col Consigliere intimo Conte Czernin in grande divisa, che gli siede di fronte, si muovono
lentamente, seguiti da parecchie altre vetture di corte; percorrono
Intanto il corteo ha già passato
Ad un segno convenuto tutti si pongono in
ordine, le file si distendono in posizione militare, dalle finestre gremite di
spettatori risuonano grida ed applausi, si agitano i fazzoletti; il popolo fa
altrettanto; il coro di S. Stefano, rinforzato di altri
cantori, intona l’antifona Fidelis namque.
Arriva il corteo, il concerto batte la generale; passa il
primo, passa il secondo cocchio; ecco il terzo dinanzi al padiglione. Scoppia un grido partito da un giovane sacerdote italiano: “Evviva
il Cardinale!” a cui fanno eco nella stessa lingua centinaia e centinaia di
voci: “evviva il Cardinale”.
Le acclamazioni si ripetono e si intrecciano collo
squillo festivo delle campane, mentre il Legato sceso dal cocchio si volge alla
folla e, con inchini e gesti affettuosi, ringrazia della solenne accoglienza.
Primo a dargli il benvenuto è il Card.
Arcivescovo Nagl, che visibilmente commosso, gli porge, prima in latino e poi
in tedesco il saluto ecclesiastico di Vienna cattolica, esprimendo la letizia
comune per la presenza del Legato Pontificio al Congresso eucaristico, e
ricordando i meriti di S. Clemente Maria Hofbaur, apostolo di Vienna,
appartenente alla stessa congregazione del SS.
Redentore, di cui il Legato è fulgido ornamento. Secondo il Sindaco viennese Neumayer,
che gli offre il saluto della città di Vienna, nel cui scudo campeggia
Dopo le presentazioni dei dignitari, si
forma il corteo del clero e si avvia verso S. Stefano precedendo i due
Cardinali, che lo seguono a piedi sotto il baldacchino.
Qui dovrei descrivere il grandioso
spettacolo che offriva la più sfarzosa via di Vienna,
Ma non potendo
dilungarmi più in là dei confini segnati alla mia relazione, sono certo che dal
fin qui detto i lettori converranno con me in riconoscere che le accoglienze
fatte al Legato del Papa non potevano essere né più splendide, né più
commoventi, né più degne di Vienna cattolica.
L’adunanza inaugurale (11 settembre 1912)
Per le solenni adunanze del Congresso si era
da principio stabilito il duomo di S. Stefano. Ma il numero
stragrande di persone, che mandavano continuamente l’annunzio della loro
partecipazione, persuase presto il comitato a cambiar disegno ed a fissare
quale sede del congresso
Siamo alla solenne adunanza di inaugurazione del Congresso, nel pomeriggio del giorno
11.
Non occorre dire
che in questa prima, come in tutte le altre susseguenti tornate, l’ambiente era
gremito di gente; bastava vedere quanti e quanti rimanevano al di fuori sotto
la pioggia incessante per tutti e tre i giorni del Congresso, quanti e quanti
si aggiravano nell’atrio circolare interno, cercando invano di penetrare tra
gli spettatori, per riconoscere che
Ma l’entusiasmo non
aveva confini e traboccava dai cuori nelle acclamazioni e negli applausi
fragorosi, ripetuti, interminabili, che salutavano la venuta dei personaggi più
cospicui e le frasi più solenni ed efficaci dei varii oratori. Acclamazioni e
applausi interminabili, che accolsero l’apparire del Cardinal legato e
dell’Arciduca Pietro Ferdinando, rappresentante dell’Imperatore; acclamazioni e
applausi che si ripeterono durante e dopo il discorso di apertura
di Mons. Heylen, vescovo di Namur, presidente del Comitato permanente dei
Congressi eucaristici internazionali; acclamazioni e applausi che si
rinnovarono, con un fervore di commozione indescrivibile, durante e dopo la
lettura in latino e in tedesco del breve pontificio, ascoltato da tutta
l’adunanza in piedi; acclamazioni ed applausi, vivi, ardenti, veementi,
accompagnati da interminabile agitar di cappelli e di fazzoletti, che accolsero
il Cardinal Legato quando apparve sulla tribuna per tenere il suo discorso
d’inaugurazione; che spesso lo interruppero durante il discorso e raggiunsero
il colmo quando ebbe finito. Fu questo un omaggio indimenticabile, offerto alla
maestà del Vicario di Gesù Cristo, nella persona del suo rappresentante. Il che
non toglie però che l’adunanza abbia anche voluto esprimere, con quegli
applausi e con quelle acclamazioni, la propria devozione alla persona sì
nobilmente popolare del Legato; il proprio entusiasmo per le parole elevate,
ricche di pensieri e sentimenti ispirati, che gli uscivano dalle labbra; la
propria ammirazione per la sua facondia e per la sua voce chiara, squillante,
potente, onde dominava l’udienza e si faceva intendere
distintamente da tutti. Felicissima fu l’evocazione da lui fatta delle memorie
eucaristiche austriache e specialmente viennesi: il ricordo di Rodolfo
d’Asburgo e di altri Imperatori che si distinsero nel culto della SS.
Eucaristia; di S. Stanislao e della sua comunione miracolosa; degli apostoli di
Vienna, il B. Canisio e S. Clemente Maria Hofbauer, e del loro zelo nel
promuovere il culto del SS. Sacramento.
Dopo di lui parlò in latino ed in tedesco il
Card. Arcivescovo Nagl. Chiamando l’Eucarestia la chiave per l’unione dei
popoli, offrendo i suoi ringraziamenti a tutti coloro
che cooperarono alla felice riuscita del Congresso, principalmente al Papa dei
Congressi eucaristici Pio X e all’Imperatore che ne accettò il protettorato e
con la sua famiglia e corte imperiale volle farsi dinanzi a tutto il mondo
spettacolo ammirando di fede e devozione alla SS. Eucaristia.
Profonda impressione e giubilo
indescrivibile produsse poi il discorso del ministro
del culto Hussarek, il quale accennò con sentimento e con espressioni di viva
fede al grande spettacolo di “devozione verso il Divin Redentore dimorante tra
noi sotto le specie eucaristiche”, di cui Vienna oggi è teatro, e ricordò le
glorie cristiane dell’Impero, le chiese di origine apostolica, come Aquileia,
Iuvanium, Laureacum; il sangue di tanti martiri; gli apostoli Severino,
Ruperto, Vigilio, Cirillo e Metodio; Carlo Magno, le crociate e il Capistrano;
l’opera di Innocenzo XI e del Sobiesky per la liberazione di Vienna e l’opera
di Pio X per instaurare omnia in Christo.
Quando ebbe finito, tutta l’udienza sorse in piedi
come un sol uomo e gli fece un’entusiastica ovazione.
Parlò poi il Principe Lichtenstein,
presidente della Dieta e della giunta provinciale austriaca, e avvertì molto
opportunamente che agli assalti maligni della stampa giudaica contro il
Congresso si doveva rispondere col disprezzo, giacché tutto il vero popolo
austriaco stava coi congressisti, donde scaturiva per
i cattolici un insegnamento di somma importanza, per ridurre all’impotenza i
nemici del cristianesimo.
Quindi il Sindaco Neumayer di Vienna diede a
tutti gli ospiti il benvenuto e disse che come un
tempo, sbaragliate le orde mussulmane, che avevano scritto sui propri vessilli
la distruzione di Vienna e del Cristianesimo, tutto il popolo, salvatori e
salvati, si riversarono nel tempio di S. Stefano, per prostrarsi dinanzi a Gesù
Sacramentato, così ora tutti i convenuti al Congresso gli rendevano solenne
omaggio per rinfrancarsi nella fede e armarsi a combattere valorosamente contro
i nemici del cristianesimo. Ricordò pure il grande esempio offerto in questi
giorni ai suoi popoli dall’Imperatore, a cui nella sua lunga vita non fu
risparmiato alcun dolore, e che ebbe spesso a dire di aver trovato nella
confidenza in Dio conforto e consolazione a tanti guai.
Seguirono altri tre discorsi; l’uno del
deputato belga Brifant, che parlò in francese in vece del ministro di Stato Helleputte,
impedito d’intervenire al Congresso, come già aveva promesso, e ricordò le
intime relazioni della Casa d’Asburgo con
Così finì l’adunanza inaugurale del Congresso,
tra grandi applausi e ovazioni al Card. Legato, agli arciduchi e agli altri
personaggi che vi presero parte. Né mancarono all’uscita i soliti procaccini
giudaici che, sotto il titolo di programmi
completi del Congresso, offrivano a prezzi ridotti
la merce dei loro padroni.
La sera il comitato del terzo congresso
internazionale delle dame cattoliche diede uno splendido ricevimento nei saloni
dell’Angarten, a cui intervennero in
gran numero arciduchi e arciduchesse, principi ed altri personaggi. “Fu - dice
La seconda e la terza adunanza plenaria (12-13 settembre 1912)
Appena aperta dal presidente mons. Vescovo
Heylen, nel pomeriggio del giorno 12, la seconda adunanza solenne, il Card.
Nagl lesse il seguente telegramma di omaggio al S.
Padre:
“Al
Santissimo Signore Pio Papa Decimo. Dieci Cardinali,
centocinquanta Vescovi, e un ingente numero di sacerdoti e laici, riuniti sotto
l’alto protettorato dell’augustissimo Imperatore Francesco Giuseppe, per
celebrare il Congresso Eucaristico di Vienna, applaudono alla venerabile
dottrina di Vostra Santità e le professano filiale obbedienza. Pregano con
fervore Cristo nascosto nell’Eucarestia perché conservi, vivifichi e allieti
sulla terra Vostra Santità e non la faccia cadere nelle mani dei suoi nemici.
Imploriamo umilmente la benedizione apostolica sul suo Protettore, sulla
Serenissima Casata e su tutti i congressisti.
Cardinal Van Rossum”
Accolta con grandi applausi tale lettura,
salì alla tribuna un italiano, il deputato al parlamento austriaco Bugatto di
Gradisca, il quale, in un tedesco incensurabile, evocò la memoria della
liberazione di Vienna dai Turchi, avvenuta 229 anni fa appunto in questo
giorno, cioè il 12 settembre 1683, e tessé le lodi del
cappuccino Padre Marco d’Aviano, friulano, grande predicatore, consigliere
intimo di Leopoldo I, mediatore di fiducia del Papa e dei principi alemanni,
angelo di consiglio nelle questioni religiose, politiche, diplomatiche e
militari; alla cui infiammata parola e apostolica audacia si deve
principalmente la salvezza di Vienna e di tutta
Dopo un dotto discorso di Mons. Rainer,
Vicario generale di Milwaukee nell’America del Nord, intorno ai grandi benefici
dei decreti di Pio X per
Già all’apparire dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al
trono, quale rappresentante dell’Imperatore, con la sua consorte
Quando poi il P.
Andlau prese a celebrare in forma elevata, poetica, compendiosa, colla sua voce
potente, col suo gesto largo e vibrato, e con sentimento profondo, caldissimo
di persuasione, le glorie eucaristiche della dinastia asburgica, ad ogni
proposizione, ad ogni accenno prorompevano irrefrenabili le acclamazioni e gli
applausi. Vi fu un punto in cui l’entusiasmo non ebbe più confini. Ricordati
gli innumerevoli sacrifici della Casa d’Austria in quest’anno eucaristico per
la glorificazione di Gesù Sacramentato, sacrifici scritti nel libro della vita,
l’oratore esclama: “Ora io voglio qui ringraziarti in nome di tutte le nazioni,
o Casa d’Asburgo”. A queste parole, accolte da fragorosissimi applausi, i
Cardinali, i Vescovi e tutto l’immenso uditorio sorgono in piedi come un sol
uomo, e si volgono giubilanti verso i membri della famiglia imperiale che,
rimanendo seduti, s’inchinano per ringraziare. L’oratore aggiunge: “E
soprattutto a te, o amato Imperatore!”. Qui si alzano in piedi anche gli
Arciduchi e le Arciduchesse e l’entusiasmo, il giubilo, gli applausi, le
acclamazioni formano un coro indescrivibile.
L’oratore ripiglia: “A te, o amato
Imperatore, per ciascun atto eucaristico di tutto il tuo lungo governo; per
ogni buon esempio che ci hai dato attraverso la lunga
serie di processioni teoforiche, che hai seguito di anno in anno insieme colla
tua serenissima Casa, fino ad illustrare in questi giorni del Corpus Domini mondiale col più bello dei
tuoi atti le tradizioni asburgiche (ovazione). Oggi, mentre tu con tutta la tua
Casa, coi figli e coi figli dei figli, ti accostavi
alla mensa del Signore (ovazione) eravamo anche noi genuflessi al banchetto
eucaristico e ci sentivamo uniti a te (ovazione). Nessun tramonto saluterà così
dolcemente la sera della tua vita, o amato Imperatore, come i raggi sereni del sole eucaristico, quando, nel giorno
del grande omaggio al Divin Sacramento, esso si piegherà, in atto di benedire,
dinanzi alla soglia della tua reggia, sul tuo capo paterno e su noi tuoi figli, i cui cuori non saranno animati che da un sol
desiderio: Eucharistia Austriae vita! (orazione prolungata). Rimane, o Casa d’Asburgo, quella
fulgida stella, che brillò fausta sulla tua culla, il tuo
asilo, il tuo talismano, il Corpo del Signore! Essa ti conduce anche oggi,
attraverso la notte, alla luce e alla vittoria!”.
Qui la penna non vale a descrivere quel che
avvenne. Basti dire che, dopo una lunga ovazione, fu
intonato l’inno imperiale, cantato da tutta quell’immensa moltitudine con un
fervore indicibile. Forse in tutto il tempo del suo lunghissimo governo,
Francesco Giuseppe non ebbe mai un simile trionfo.
La seconda adunanza si chiuse con un
discorso, tenuto dal predicatore del duomo di Münster Donders, il quale parlò
del pane terreno e del pane celeste di cui abbisogna
l’operaio, dimostrando, con molta efficacia di ragioni e nobiltà d’eloquio,
l’azione salutare della SS. Eucarestia per la vera riabilitazione dell’operaio.
Nella terza adunanza solenne del 13
settembre, il primo oratore Mons. Stöber, parroco viennese, commemorò degnamente
S. Clemente M. Hofbauer, delineando la sua ardente
devozione al SS. Sacramento e l’attività prodigiosa ch’egli svolse,
specialmente qui a Vienna, per ristabilirne e propagarne il culto.
Quindi il presidente salì alla tribuna e
lesse il seguente telegramma di risposta del S. Padre al telegramma di omaggio del Congresso.
“Roma,
11 settembre, ore 11.55. Al Cardinale Van Rossum. Profondamente commossi dalla
perspicua dichiarazione di fede cattolica e dalla benevola carità nei nostri
riguardi, ringraziamo di cuore te, gli altri figli nostri Cardinali, i
venerabili fratelli Vescovi e i carissimi fedeli, riuniti per adorare NS Gesù
Cristo nel divino dono dell’Eucarestia, implorando Dio, che vede la gradita e
benevola disposizione dell’animo vostro, affinché tutti voi rimeriti
di premio condegno. Impartiamo con vivo piacere all’Augustissimo protettore del
Congresso, alla sua Serenissima Casa, a te e a tutti coloro lì riuniti la
nostra Apostolica Benedizione.
PIO PAPA X”
Appena finita questa lettura, che tutti
ascoltarono in piedi con religioso silenzio, la parola del Papa fu salutata da
uno scroscio di applausi.
Seguirono poi tre discorsi: l’uno del P.
Hofmann S.I. sulla Eucarestia e la vita degli Ordini
religiosi, in cui l’oratore fece un parallelo molto felice sulla vita di
nascondimento, di sacrificio, di obbedienza, di espiazione, di attività e di
benedizione del Divin Redentore, quale modello della vita religiosa: l’altro
del Conte Rességuier sulla pace per i popoli dinanzi al tabernacolo, che l’oratore
chiuse con un’affettuosa invocazione a Gesù Sacramentato per la pace e la
fratellanza universale; il terzo del P. Krotz O.P. di Berlino, sul rinnovamento
del lavoro pastorale, in cui l’oratore a grandi linee tracciò il disegno di una
organizzazione della cura d’anime nelle città e nelle campagne, e di una azione
concorde del clero secolare e regolare e del laicato, per ricondurre
specialmente gli uomini alla Chiesa.
Notiamo infine che questo secondo giorno del
Congresso fu degnamente celebrato anche dai capoccia della massonica Scuola Libera. I quali, essendo stati
impediti dalla vigile solerzia della polizia nella distribuzione dei loro Josephsblätter, come abbiamo
indicato sopra, pensarono di rifarsene con mandarli mediante posta in
busta chiusa non affrancata, e ciò a nome del comitato del Congresso. Se fosse sincero il loro zelo per la diffusione del libero
pensiero, dovrebbero provarlo almeno con la generosità di non risparmiare i
francobolli.
La solenne adunanza di chiusura (15 settembre 1912)
Sebbene in tutte le altre adunanze plenarie
L’ambiente, come dissi sopra, è capace di
15.000 persone; ma, quando, alle
Chi non ha veduto tale spettacolo, non può
formarsene un’idea. Fuori pioggia, fango, vento che penetra fino alle ossa e fa
intirizzire dal freddo, e una selva immensa di vetture e di automobili
che giacciono nella mota e grondano d’acqua; dentro una serie di colline
disposte ad anfiteatro e pendenti verso la valle centrale; quelle e questa
interamente smaltate di fiori variopinti, che si muovono incessantemente e,
osservati più da vicino, si cambiano in cappellini e in facce umane!
Primo a parlare fu il P. Kolb S.I., chiamato apostolo della stampa, perché a lui si deve
principalmente la fondazione e l’incremento del Piusverein. A lui fu pure affidato l’incarico di ordinare e
compilare le singole risoluzioni, già votate nelle varie adunanze di sezione,
per proporle poi alla votazione nell’ultima adunanza plenaria. Ma non essendo
possibile preleggerle tutte, egli pregò l’adunanza di approvare che venisse letta solamente la prima, e quanto alle altre
consentisse che si avessero per approvate quelle le quali fossero ratificate
dal card. Arcivescovo di Vienna.
Ottenuto ciò con unanime applauso, egli lesse la prima risoluzione:
“Il 23° Congresso Eucaristico internazionale
offre a S. santità Pio Papa X
gloriosamente regnante, i più ossequiosi ringraziamenti, i ringraziamenti
più sentiti (applausi fragorosi) i ringraziamenti per i decreti sulla Comunione
da S. santità pubblicati. Esso vi
riconosce un rimedio efficace contro le piaghe dei nostri tempi, uno scudo
potente per conservare l’innocenza dei fanciulli, ed
un aiuto importante per mantenere la vita di grazia negli adulti. Il Congresso
eucaristico prega tutti i fattori a ciò chiamati per adoperarsi, con tutte le
forze e con ogni diligenza, per la piena esecuzione di tali decreti”.
Dopo ciò il P. Kolb
riassunse brevemente le altre risoluzioni e conchiuse con una proposta
personale, quella cioè di sopportare pazientemente la prova del mal tempo,
giacché non si era venuti a Vienna per divertirsi, ma per offrire al Divin
Redentore un sacrificio di espiazione e di riparazione; onde tutti dovevano
mettere ai piedi del Crocifisso i propri disagi e le intemperie della stagione,
per raggiungere meglio il vero scopo del Congresso.
Non si può dire quanto tale
esortazione fosse opportuna, e con quanto entusiasmo di applausi e di
acclamazioni venisse accolta dall’uditorio.
Venne quindi la volta del magnate ungherese
Conte Bela Somssich, il quale svolse il tema: “
Quindi parlò, quale ultimo oratore del
Congresso, il cappuccino P. Künzle sul tema: “
A nome dei cattolici
spagnoli, l’Arcivescovo di Valencia, Mons. Guisasola y Menendez prese poi la
parola in latino, per istituire un confronto tra il Congresso eucaristico di
Vienna e quello dell’anno scorso a Madrid, inneggiando ai due monarchi
cattolici, Francesco Giuseppe d’Austria e Alfonso di Spagna, legati insieme dai
vincoli del sangue e della fede comune, e facendo voti per la prosperità della casa e dell’impero austriaco.
Gli succedette il Card. Amette, Arcivescovo
di parigi, con un discorso in
francese, per offrire l’omaggio della Francia cattolica alla cattolica Austria,
e rallegrarsi del grande trionfo, celebrato in questi
giorni dal popolo di Vienna e di tutto l’Impero, in onore di Gesù Cristo
Sacramentato, auspicando, quale frutto delle comuni preghiere, il ritorno della
Francia ufficiale al culto eucaristico, di cui in questi giorni l’Imperatore
austriaco volle dare ai suoi popoli sì nobile esempio.
Finalmente salì alla tribuna S. Em. il Card.
Legato, per recitare il suo solenne discorso di chiusura. Disse
che il Congresso era non solo splendidamente riuscito, ma aveva superato le
speranze più ardite! Ne ringraziò quindi
Di poi, abbassando il suo sguardo dal cielo
alla terra lo rivolse al Vicario del Sommo Sacerdote Gesù Cristo, per
ringraziarlo dell’aver attirato colla sua benedizione le benedizioni
dell’Altissimo sull’opera del Congresso. E gli promise, a
nome di tutti i congressisti, fedeltà e devozione immutabile. Ringraziò pure
l’Imperatore, vero padre dei suoi popoli, che tenne
sempre il bianco scudo d’onore proteso sul Congresso, per proteggerne i lavori,
e che col suo esempio fu il modello dei congressisti. Gli porse quindi i più
vivi ringraziamenti, estendendoli a tutti i membri della Casa imperiale, i cui meriti impareggiabili per la felice riuscita del Congresso
sono scritti nel libro della vita. Aggiunse i più caldi ringraziamenti agli
Em.i Cardinali, ai Rev.mi Vescovi e a tutti gli altri
cospicui personaggi, specialmente al Card. Arcivescovo di Vienna, che in questi
giorni fu l’anima della grande impresa, agli oratori, al comitato permanente,
alla direzione viennese del Congresso e a tutti i congressisti, i quali, a
costo di tanti sacrifici, cooperarono a far sì che il Congresso eucaristico
viennese offrisse a Gesù Sacramentato un trionfo tale, quale il mondo finora
forse non ha mai veduto.
E pregò i congressisti,
tedeschi e ungheresi, boemi e polacchi, ruteni e romeni, sloveni e slovacchi,
croati e serbi, di portarne la lieta novella colla divozione al Divin
Sacramento nelle loro patrie e nelle loro famiglie; pregò i sacerdoti di
promuovere tra i fedeli
Io mi
sento affatto incapace di descrivere l’entusiasmo suscitato dalla parola
ardente e vibrata del Card. Legato, e le ovazioni che ne accolsero
la fine. Sono momenti grandiosi, che si sentono da tutti gli astanti, ma che
nessuno è atto ad esprimere.
L’ultima parola fu quella del presidente
Mons. Heylen, che con costanza e zelo instancabile ebbe a dirigere le solenni
adunanze della Rotonda. Dopo aver fatto recitare in piena adunanza un’Ave Maria per la felice riuscita della
processione di domani, egli annunciò che il prossimo congresso verrà tenuto l’anno venturo a Malta, ed offrì a nome di
tutto il congresso il tributo della più profonda riconoscenza al Card. Legato,
a cui si deve in non poca parte lo splendido successo delle grandi assisse
eucaristiche; pregandolo di portare ai piedi del trono pontificio l’espressione
dell’amore filiale di tutti i congressisti.
Tutto ciò avvenne tra interminabili ovazioni,
che raggiunsero il colmo quando l’adunanza, cioè
30.000 bocche intonarono l’inno festivo: Grosser
Gott, wir lober dich! e poi l’inno imperiale. Tra
l’uno e l’atro inno risuonò il saluto cristiano del presidente: Sia lodato Gesù Cristo! a cui tutta l’adunanza rispose: Sempre sia lodato, amen!
E il Congresso si chiuse colla Benedizione
Apostolica, impartita dal Card. Legato.
La grande processione teoforica (16
settembre 1912)
Quanti timori e quante speranze per questa
tanto sospirata processione, nei tre giorni precedenti, in cui una pioggia
invernale, accompagnata da un vento di ovest, umido e
freddo, non cessò mai di molestare i congressisti! “Si farà? Non si farà?
Sarebbe peccato! Che tempo avremo? Speriamo
bello, o almeno discreto, dopo tre giorni continui di pioggia, sfido io!
E poi, è detto negli avvisi che la processione si farà anche colla pioggia, se
pure il cielo non voglia rovesciarsi in terra!” Io ero
pure di questo avviso, conoscendo l’indole tedesca e la risolutezza
dell’Imperatore.
La mattina del 16,
ahimé! tempo pessimo, vento freddo, uggioso e pioggia
continua, di quelle che sembra non vogliano finir mai. Tutti coloro
che sono in posizione tale da poter guardare verso la torre di S. Stefano, si
volgono ad ogni istante con lo sguardo lassù per vedere se si scorgono le
quattro bandiere bianche, sventolanti ai quattro lati: segnale questo
convenuto, per disdire la processione un’ora prima ch’essa si muova.
Ma le bianche bandiere non appaiono; onde
centinaia di migliaia di persone, armate alla meglio di ombrelli
e di mantelli, si riversano sui luoghi, dove deve formarsi e sfilare la
processione. Ciascuno commenta il fatto con queste ed altre esclamazioni: “Pare
che la processione si faccia davvero! Il tempo è pessimo, ma può farsi bello, o
almeno cessare questa pioggia così molesta! Speriamo! E
poi, una buona risciacquata caccia via i miasmi! Se
anche pigliamo un raffreddore, non sarà il finimondo! Lo affogheremo nella
birra! Avanti, coraggio! Brrr! A memoria d’uomo non vi fu mai a Vienna in
settembre un tempo così indiavolato!”
Quand’ecco spargersi dappertutto e correre
di bocca in bocca la voce, diffusa dai membri del comitato, che l’Imperatore
desiderava si facesse ad ogni costo la processione e ch’egli stesso vi sarebbe
intervenuto. Fu una risoluzione provvidenziale, conforme ai desideri di tutti;
onde gli animi si calmarono interamente e la processione incominciò a muoversi
alle sette e mezza, secondo il disegno lungamente studiato e preparato in tutti
i minimi particolari dal principe
Lichtenstein Edoardo, comandante generale del corteo, aiutato dai
sottocomandanti generali conte Dubsky, barone
Morsey e dal giovane ufficiale degli ussari
Margravio Pallavicini, tutti a cavallo.
La processione è composta di soli uomini e
divisa, con tattica militare, in tre grandi corpi di linee a sedici per linea, ciascuno dei quali è suddiviso in parecchie colonne,
capitanate dai propri comandanti. Il primo corpo, secondo il programma, ha
45.129 persone, il secondo 26.720, il terzo 16.800; in tutto 84.658 persone.
Poi viene il clero con 6.000 sacerdoti. A cui si aggiungono i gruppi di donne
che fanno spalliera al Ring, alla
piazza di Maria Teresa e alla piazza degli Eroi (39.800); gli ufficiali
(2.800), gli impiegati (3.500) e il pubblico delle tribune (14.000); e si ha il
numero totale di 150.758 persone, che prendono parte
attiva alla processione e i cui nomi sono tutti registrati negli uffici. Degli
altri, che vi assistono da semplici spettatori, è
impossibile sapere il numero; ma, se si rifletta che Vienna ha una popolazione
di due milioni, aumentata in questi giorni da centinaia di migliaia di
forestieri, si potrà facilmente formarsi un’idea dell’immensa moltitudine di
popolo schierato al passaggio di Gesù Sacramentato.
La processione procede dallo sbocco della Wollzeile sul Ring verso la porta esterna della reggia (Burgtor) fino alla piazza degli Eroi (Heldenplatz). Al punto di partenza si vede un movimento
straordinario: quattro colonne si agitano da una parte, quattro da un’altra; un
concerto militare entra nello spazio libero riservato alla processione;
parecchi ciclisti si incrociano e volano in qua e in
là; i telefoni da campo fan sentire il loro tintinnio; gli alfieri dei primi
gruppi scuotono e fanno sventolare le loro bandiere; il comandante della prima
colonna corre ad ordinare le sue file; l’alfiere dell’Arciconfraternita di S.
Michele, sfarzosamente vestito in seta rossa, con una sciarpa biancogialla,
accompagnato da uno scudiero degli stessi colori, si pone in testa al corteo,
cavalcando un superbo destriero bianco e agitando lo stendardo ricchissimo
della confraternita tra l’ammirazione degli astanti.
Si sente un grido di comando: è il Principe
Lichtenstein che chiama gli studenti a mettersi in testa al corteo. La musica suona una marcia, i comandanti a cavallo gridano: vorwärts (avanti)! Si muovono per primi
gli studenti di Karlburg, poi l’Unione cattolica popolare austriaca. Seguono i
rappresentanti delle varie nazionalità austriache e straniere, coi loro distintivi nazionali e coi loro vestiti
pittoreschi: belgi, francesi, tedeschi, italiani, inglesi, spagnoli, albanesi,
svizzeri, ungheresi, croati, sloveni, boemi, polacchi, ecc.
Quello che attira in modo particolare l’attenzione
e l’ammirazione di tutti è il “gruppo della Croce” Kreuzgruppe, composto di Tirolesi.
Dodici robusti contadini portano un Crocifisso gigantesco
del peso di
Il secondo corpo è tutto formato di società
austriache, e il terzo tutto di associazioni viennesi.
Spettacolo veramente grandioso ed edificante è quello del clero, 6.000 o meglio, contati
quelli che si aggiunsero al corteo, 8.000 sacerdoti secolari e regolari, che
procedono cantando, salmeggiando, recitando il Santo Rosario, senza punto
curarsi del fango, del vento e della pioggia, né dei malanni, che si sarebbero
buscati!
Qui però mi accorgo che la mia relazione
diventa ormai troppo lunga, e che mi è forza affrettarmi verso la fine. Lascio
quindi di descrivere le altre parti del corteo, i vari gruppi composti di
cavalieri, camerieri pontifici, di consiglieri intimi, di comitati direttivi
del movimento e dell’organizzazione cattolica, di membri delle diete
provinciali, della Camera dei deputati e della Camera dei signori, i cento
rappresentanti del Municipio, tutti colle loro collane
d’onore; i professori delle facoltà teologiche coi loro distintivi; le società
di studenti universitari coi loro variopinti berretti goliardici ecc.
Lascio pure di ritrarre l’impressione
grandiosa, indimenticabile, che produceva in tutti gli spettatori
il corteo della Corte imperiale, svolgentesi in tutta la magnificenza
sfarzosa delle grandi occasioni, per rendere omaggio al Re dei Re e al Sovrano dei Sovrani: squadroni di
cavalieri della guardia imperiale, commissari di corte, trombettieri, paggi;
una settantina di ciambellani e di consiglieri intimi a cavallo, una ventina di
consiglieri intimi in cocchi di gala della corte imperiale.
E dietro a tanta
pompa, il gran cocchio, tutto scintillante di fregi in oro, a grandi vetrate,
costruito a Madrid al tempo di Carlo VI, tirato da otto focosi destrieri
bianchi, puro sangue spagnolo, accompagnati da scudieri imperiali, dove,
visibile da tutte le parti, troneggia il Santissimo, col Card. Van Rossum a
destra e col Card. Nagl a sinistra, inginocchiati dinanzi alla tremenda maestà
di un Dio annientato; mentre a piedi lo circondano sacerdoti con ceri accesi e
con gli incensieri in mano.
Dietro al Santissimo l’Imperatore
coll’Arciduca ereditario, in una berlina tirata da otto superbi morelli; poi 12
arciduchi in cinque cocchi tirati ciascuno da sei cavalli; finalmente una selva
di guardie nobili e di arcieri a cavallo. Al passaggio
del Santissimo, si fa dappertutto un silenzio profondo e tutti per adorarlo si
prostrano nel fango, senza dar alcun segno di ossequio
all’Imperatore, che immediatamente lo segue. Ma quando il Re della gloria è
passato, allora scoppiano applausi e acclamazioni infinite, con cui si vuole
evidentemente celebrare il grande atto di omaggio reso
dall’Imperatore a Gesù sacramentato.
Sfilato tutto il corteo fino alla piazza
degli Eroi, il SS. Sacramento fu recato alla
parrocchia di corte, dove il Card. Van Rossum celebrò alla presenza
dell’Imperatore, della corte e dei vescovi,
una Messa bassa, non permettendogli il mal tempo di celebrarla all’altare in
forma di tribuna, preparato sopra il portone esterno della reggia, com’era
fissato nel programma.
Con questa grandiosa processione teoforica,
di cui durerà incancellabile la ricordanza nell’animo di quanti vi hanno assistito, si chiuse degnamente il XXIII Congresso
Eucaristico internazionale di Vienna, che per confessione di coloro i quali
ebbero assistito agli altri precedenti, li ha superrati, e forse non sarà
superato da alcun altro seguente. Vero è che, se il tempo non fosse stato così
ostinatamente contrario, lo splendore dei festeggiamenti sarebbe riuscito più
magnifico e la processione si sarebbe svolta con ben
maggiore apparato di pompa solenne. Ma lo spettacolo di tanto concorso, di
tanta costanza, e di tanto entusiasmo, in sopportare
tutti i disagi e tutti i sacrifici della stagione precocemente invernale, ha
impresso al Congresso e alla processione un carattere di grandiosità che
altrimenti non avrebbe avuto, quello dell’abnegazione e della immolazione, ch’è
privilegio e quasi – dissi – suggello di tutte le opere divine.
Perciò gli stessi
giornali giudaici ne parlarono con rispetto e persino con ammirazione.
Conclusione
La mattina del giorno 13 fu tenuta nel
giardino Schwarzenberg
-
Quale
impressione ne ricevette il relatore della “Civiltà Cattolica”?
-
Nessuna,
perché senza sua colpa, non vi fu ammesso.
Prima delle sette, mi presento fiero e
sicuro del fatto mio alla porta del giardino, colla rosetta al petto e colla tessera in mano, e faccio per entrare, come se andassi a
casa mia. Ma un signore con due guardie al fianco mi ferma e mi
intima:
-
Non si
entra.
-
Sono
giornalista.
-
Non si
entra.
-
Giornalista
estero.
-
Non si
entra.
-
Come non
si entra? Vengo da Roma e devo entrare.
-
Non si
entra.
-
Ma
se ho fatto il viaggio apposta da Roma a Vienna per entrare …
-
Ed io le ripeto che non si entra. Tale è l’ordine
di Sua Altezza, che io devo eseguire appuntino. Guardi là quanti giornalisti
stanno fuori a guardare i fanciulli che passano.
-
Ma io non capisco tanto rigore, e protesto.
-
Protesti
pure.
-
Scriverò
nella mia relazione che fui escluso.
-
Scriva pure.
-
Ebbene, io resterò qui alla porta finché non mi
farete entrare.
E rimango.
Dopo un po’ mi si accosta una guardia e mi
dice sottovoce:
-
Abbia
pazienza un momento; si è
proposto il caso a Sua Altezza, e si aspetta la sua decisione.
Mi pareva di aver vinto la partita, tanto
che a due giornalisti francesi, i quali facevano per andarsene, dissi:
-
Aspettino
un po’, finché venga la risposta del Principe.
Difatti viene il
Principe stesso in petto e in persona, e mi dice con molta cortesia che, per
ordine di Sua Eminenza il Cardinal Arcivescovo, non si poteva ammettere
nessuno.
Così dovetti andarmene colle trombe nel
sacco. E per consolarmi dello scacco avuto, pensai che, dove fossero
entrati i giornalisti, potevano entrare anche altri profani, non senza
turbare il raccoglimento e la devozione di quei cari fanciulli. I quali
dovettero offrire a Gesù Sacramentato anche il sacrificio di una buona pioggia,
che li mandò a casa immollati per bene.
Ad ogni modo questo incidente
mi dispensa dall’esporre le mie impressioni sulla Comunione dei fanciulli; come
la brevità di una relazione sommaria mi scusa dal riempire tante altre lacune
per molte cose rimastemi nella penna. Invero, se invece di un
articolo, scrivessi un libro dovrei ricordare ancora, per quanto in compendio,
tutto l’immenso lavoro compiuto nelle adunanze di sezione e nei convegni delle
singole nazioni austriache ed estere; ricordare i tre grandi Congressi
internazionali, tenuti contemporaneamente a Vienna; quello catechistico e
quello pedagogico, a cui prese parte attiva per l’Italia anche il prof.
Boggiano, che vi fu eletto vice-presidente; il terzo della lega internazionale
delle federazioni femminili; come pure l’adunanza solenne per la fondazione
dell’università cattolica di Salisburgo. Dovrei descrivere le varie esposizione sacre, i concerti musicali e le
rappresentazioni drammatiche, come i “Misteri della S. Messa” di Calderòn,
tradotti in tedesco dal poeta Kralik, e un grande oratorio del P. Hartmann, a
cui intervennero tutti gli Arciduchi e le Arciduchesse; le funzioni pontificali
dei vari riti celebrate nella chiesa am
Hof, le funzioni notturne a S. Stefano, l’adorazione del SS. Sacramento
alla Chiesa Votiva ed altrove. Dovrei pure ritrarre i due grandiosi
pellegrinaggi, l’uno alla chiesa di S. Giuseppe al Kahlenberg con 10.000
persone, e l’altro a Mariazell con più di 20.000.
Dovrei trattenermi a
discorrere in particolare della sezione italiana, presieduta da Mons.
Portaluppi e onorata dalla presenza di parecchi vescovi; dei discorsi che vi
tennero il comm. Paganuzzi, il Conte Gentiloni, il prof. Boggiano ed altri;
delle relazioni presentate dal prof. Clemente Barbieri, dal dr. Tettamanti, dal
cav. Grossi-Gondi ecc. e delle risoluzioni che vi furono votate; del numero
unico illustrato, pubblicato dalla direzione dell’«Aurora del popolo del SS. Sacramento» di Milano e distribuito gratis ai
congressisti; dei telegrammi spediti al S. Padre e all’Imperatore dal
presidente Portaluppi e dal vice presidente Paganuzzi, a nome dei congressisti
italiani, e dei ringraziamenti offerti al Card. Nagl e al sindaco di Vienna;
della parte presa dagli italiani alla processione teoforica e della pubblica
simpatia che si conciliarono con accogliere in mezzo a loro un gruppo di
contadini sbandati.
E dopo ciò non
avrei ancora finito.
Ma poiché è tempo
ormai di finirla davvero, chiudo questa mia relazione con una notizia e con un
ringraziamento.
La notizia, non pubblicata da alcun
giornale, si è che l’Arciduca Francesco Ferdinando, oltre alla comunione fatta coll’Imperatore
e con tutta
Il ringraziamento cordiale, sincero,
vivissimo, è per l’Ufficio viennese della stampa cattolica, annesso alla
direzione centrale del Pressverein,
il quale, se è stato cortese e generoso verso tutti i
giornalisti, al rappresentante della “Civiltà Cattolica” ha usato una cortesia
e una generosità specialissima.
Vienna, 18 settembre 1912.
(1) Antonio Pavissich
(1851-1913). Gesuita, predicatore, sociologo, fu rettore del Seminario minore
arcivescovile Zmajevic a Zara e poi dello scolasticato del suo ordine a
Gorizia. Dotato di eccezionali doti oratorie si
interessò specialmente dei più urgenti problemi sociali del tempo, che esaminò
non solo nei suoi discorsi, ma anche nei suoi scritti ed in particolare
attraverso la sua collaborazione alla «Civiltà Cattolica» dal 1905 al 1913. Tra
le sue opere più importanti citiamo: La
questione sociale. Conferenze triestine (Treviso, 1902); Il cancro civile (ivi, 1905); Milizia nuova dei cattolici
italiani, ossia la riorganizzazione delle forze cattoliche in Italia secondo la
mente del S. Padre Pio X (Roma, 1905); Il
nemico d'Italia ossia l'antictericalismo
(Treviso, 1909); Il codice della
vita (Firenze, 1911); Scuola libera (Roma, 1913).