http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=8813

 

Nullità dei Sacramenti conciliari

di don Floriano Abrahamowicz

 

MONTINI PAOLO VI

 

Invito tutti coloro che vogliono rimanere cattolici e ricevere sacramenti validi a leggere attentamente ed assimilare questa breve e completa spiegazione del PERChè I SACRAMENTI DELLA CHIESA CONCILIARE SONO NULLI. Chi invece desidera l’assurdo – farsi riconoscere come cattolico dalla “contro-chiesa” – finisce per porre un atto di AUTOESCLUSIONE dalla Chiesa Cattolica.

 

Del tutto invalido e assolutamente nullo

Riflessioni sull’invalidità del Sacramento dell’Ordine episcopale come promulgato da Paolo VI in risposta all’articolo di Padre Pierre-Marie, OP¯

di don Anthony Cekada

Traduzione e sintesi di Federico Colombera

 

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“Quando saranno scomparsi i sacerdoti validamente consacrati, [i modernisti] permetteranno la celebrazione della Messa in latino”, Don Carl Pulvermacher, 1977

 

Il 18 giugno del 1968, Giovanni Battista Montini/Paolo VI portava a compimento la riforma del Pontificale Romano, mutando così radicalmente, tra le altre cose, il Sacramento dell’Ordine Episcopale.

Il nuovo Sacramento risulta, ad un’attenta analisi, e come confidenzialmente rivelatomi da Monsignor Lefebvre nel 1970, decisamente invalido. Il problema dev’essere analizzato ricorrendo alla teologia dei Sacramenti, che illustra da una parte la natura dei princìpi utili per poter determinare la validità della forma sacramentale stessa e, dall’altra, la metodologia per poter applicare empiricamente tali leggi.

La Costituzione di Paolo VI ha introdotto un mutamento sostanziale rispetto alla forma dell’Ordine  poiché, come prescritto da Papa Pio XII, essa deve inequivocabilmente esprimere l’effetto che si vuole produrre, ovvero il potere dell’Ordine e la relativa grazia prodotta dallo Spirito Santo. Inoltre Papa Pacelli, rispetto all’Ordinazione episcopale, ha chiaramente indicato la formula adatta allo scopo, in cui il potere dell’Ordine ricevuto dal Vescovo e la grazia conferita dallo Spirito Santo risultano senz’ombra di dubbio espresse.

In particolare, ecco la formula come voluta da Montini:

Effondi ora sopra questo eletto la potenza che viene da te, o Padre, il tuo Spirito che regge e guida: tu lo hai dato al tuo diletto figlio Gesù Cristo ed egli lo ha trasmesso ai Santi Apostoli, che nelle diverse parti della terra hanno fondato la Chiesa come tuo santuario a gloria e lode perenne del tuo nome[1].

In queste righe non troviamo traccia dello specifico potere dell’Ordine che si intende trasmettere. La consacrazione episcopale conferisce al nuovo Vescovo una specifica facoltà: quella di ordinare, a propria volta, sacerdoti e Vescovi. Ciò è completamente assente nel rito riformato.

Paolo VI ha inteso inserire antiche preghiere appartenenti alla liturgia copta e siro-occidentale. Però queste orazioni non hanno carattere sacramentale e vengono pronunciate quando l’ordinando è già stato consacrato Vescovo. L’orazione di Montini non era quindi usata con lo stesso scopo nel rito orientale.

E ancora: si è voluto attingere ad antiche fonti — quali, ad esempio, la Traditio apostolica di Ippolito, inserendone alcune parti nella Prefazione del nuovo rito — ma non possiamo affermare che ciò è sufficiente per validarlo. I testi a cui ci si riferisce sono infatti frutto di ricostruzioni relativamente recenti, la loro origine e attribuzione è solo presunta e, soprattutto, non esistono indizi certi che possano permetterci di identificare tali preghiere quali forme sacramentali ufficialmente consentite e impiegate come tali dalla Chiesa.

Ma l’ostacolo più difficile da superare riguarda l’identità e il significato dello “Spirito che regge e guida”, “Spiritus principalis”. Dom Bernard Botte (1883 – 1980), il religioso modernista vero artefice della riforma, sostenne che per il cristiano dei primi secoli Spiritus principalis corrispondeva alla funzione episcopale ed ai relativi poteri, perché i Vescovi posseggono lo “spirito d’autorità” come “capi della Chiesa”.

La spiegazione appena riportata è da rigettare completamente. La letteratura enciclopedica, l’esegesi scritturale, gli scritti dei Padri della Chiesa, i trattati di teologia dogmatica e l’attento studio delle forme non sacramentali orientali non permettono di far emergere nulla di univoco e, certamente, nulla di direttamente ricollegabile all’interpretazione di Botte. Spiritus principalis non si riferisce dunque all’episcopato o alla pienezza degli Ordini Sacri posseduto dal Vescovo.

In conclusione, sosteniamo che nella Costituzione apostolica firmata Montini, nella sezione dedicata all’Ordine episcopale manchino due dei principali capisaldi voluti da Papa Pio XII per la validità della consacrazione: l’espressione “Spirito che regge e guida” non è indissolubilmente e certissimamente legata all’effetto sacramentale che si vuole imprimere e, inoltre, non lascia intendere nemmeno lontanamente lo specifico potere dell’Ordine di cui il Vescovo viene a disporre.

Con la nuova formula si muta sostanzialmente il significato della precedente orazione in cui “la pienezza del sacerdozio di Cristo nell’ufficio e nell’ordine episcopale” o/e “la pienezza e la totalità del ministero sacerdotale” assume innegabile ed evidente rilievo. E ogni cambiamento nella sostanza della forma sacramentale, come insegna la dottrina teologica, rende il sacramento invalido[2].

Il rito del 1968 non può quindi creare un valido Vescovo che, in quanto tale e a propria volta, non è in grado di elevare alcuno al sacerdozio o all’episcopato. I modernisti hanno adulterato le parole fondamentali della forma sacramentale attuando un vero e proprio “balzo semantico” verso l’ambiguità e l’assurdità. Non dimentichiamo, infine, la più rilevante conseguenza delle nostre conclusioni: i preti e i Vescovi ‘consacrati’ con il rito di Paolo VI amministrano Sacramenti (Cresima, Eucarestia, Penitenza, Estrema Unzione) altrettanto invalidi.

 

 

RISPOSTA ALLE PIù COMUNI OBIEZIONI

 

1. “Il contesto garantisce la validità della forma”. Falso. La preghiera per l’Ordinazione dei Vescovi del nuovo Pontificale manca di un elemento essenziale, l’espresso riferimento al potere di consacrare altri candidati, e a ciò non può supplire la debolezza di altri aspetti più o meno periferici del rito.

 

2. “La forma è stata approvata dal Papa”. Irrilevante. E per due ragioni. Innanzitutto, noi sedevacantisti riteniamo che Montini non fosse assolutamente legittimo e vero Papa della Chiesa Cattolica, ma … transeat; secondo il Concilio di Trento e Papa Pio XII, la Chiesa non ha il potere di mutare la sostanza di un Sacramento. Montini impose proprio questo, e ciò costituisce un’ulteriore prova del suo non-pontificato.

 

 

 

 

 

Il rito cattolico sommamente trionfante della

consacrazione episcopale secondo la formula tradizionale[3]

 

Spettacolare altresì, nell’antico rito, assieme alle altre cerimonie (l’unzione del capo; il conferimento del pastorale; la benedizione dell’anello episcopale; la consegna del Vangelo; il bacio della pace; la genuflessione innanzi al consacrante del consacrato, il quale poi si erge in piedi all’altare sul lato destro o dell’epistola, in mezzo agli altri Vescovi; l’imposizione delle chiroteche o guanti episcopali; l’intronizzazione sul faldistorio del neo-Vescovo da parte di quello consacrante; la benedizione del popolo attraversando la chiesa ecc.) la preghiera che accompagna l’imposizione della mitra episcopale, visibile anche in uno spezzone del film Il Cardinale di Otto Preminger (1963), cfr. https://www.youtube.com/watch?v=rWNEnUyHtHk

 

Domine Deus, Pater omnipotens, cujus praeclara bonitas est, et virtus immensa, a qua omne datum optimum et omne donum perfectum, totiusque decoris ornamentum, benefdicere, et sanctifficare dignare hanc mitram hujus famuli tui Antistitis capiti imponendam. Per Christum Dominum nostrum.

Signore Iddio, Padre onnipotente, la cui bontà è eccelsa e immensa è la potenza, tu, da cui ogni cosa proviene per il meglio e ogni dono è perfetto, ornamento di ogni bellezza, degnati di benefdire e di santifficare questa mitra, che sta per essere imposta sul capo di questo Vescovo tuo servo. Per Cristo nostro Signore.

R. Amen.

R. Amen.

Subito dopo il Vescovo consacrante asperge la mitra del consacrando con acqua benedetta; quindi, stando seduto, con la propria mitra in capo, aiutato dai Vescovi assistenti, impone la mitra sul capo del consacrato, pronunziando queste parole:

Imponimus, Domine, capiti hujus Antistitis et agonistae tui galeam munitionis et salutis, quatenus decorata facie, et armato capite, cornibus utriusque Testamenti terribilis appareat adversariis veritatis; et, te ei largiente gratiam, impugnator eorum robustus exsistat, qui Moysi famuli tui faciem ex tui sermonis consortio decoratam, lucidissimis tuae claritatis ac veritatis cornibus insignisti: et capiti Aaron Pontificis tui tiaram imponi jussisti. Per Christum Dominum nostrum.

 

Imponiamo, o Signore, sul capo di questo Vescovo e tuo combattente l’elmo della fortezza e della salvezza, per modo che, ornato nel volto e armato nel capo, e presidiato da ciascuno dei Testamenti da entrambi i fianchi, appaia terribile ai nemici della verità; e, con l’elargizione della tua grazia, si levi forte assalitore contro di essi, tu che ornasti il volto del tuo servo Mosè con la partecipazione alla Tua parola e lo insignisti dello splendore della tua luce e della tua verità e che ordinasti che sul capo di Aronne, Pontefice tuo, fosse imposta la tiara. Per Cristo nostro Signore.

 



¯ Titolo originale dell’opera: Absolutely null and void, http://www.traditionalmass.org/images/articles/NewEpConsArtPDF2.pdf,  25 marzo 2006. Attraverso lo scritto, don Cekada confuta le tesi di padre Pierre-Marie, dell’ordine dei Domenicani di Avrillé, in Francia, vicini alla Fraternità Sacerdotale San Pio X, che nella rivista Sel de la Terre, n. 54, 2005, pp. 72-129, vigorosamente sostiene, con padre Schmidberger, la validità della nuova prassi sacramentale di Paolo VI. [Di recente anche don Curzio Nitoglia ha difeso la validità dei Sacramenti riformati dopo il vaticano II, cfr. Sì sì no no n. 9, anno XL, 15 maggio 2014, pp. 1-6, n.d.r.]

[1] Questa invece la formula tradizionale, come dal Pontificale Romanum:

Quindi il Vescovo consacrante e i Vescovi assistenti toccano con entrambe le mani il capo del consacrando, dicendo:

 

Ricevi lo Spirito Santo. [Accipe Spiritum Sanctum].

 

Ciò fatto, il Vescovo consacrante, ritto in piedi, deposta la mitra, dice:

 

Ascolta, Signore, la nostra preghiera: effondi su questo tuo figlio, con la pienezza della grazia sacerdotale, la potenza della tua benefdizione. Per il Signore nostro Gesù Cristo tuo Figlio, che, Dio, vive e regna nell’unità dello Spirito Santo. [Propitiare, Domine, supplicationibus nostris, et inclinato super hunc famulum tuum cornu gratiæ sacerdotalis, benefdictionis tuæ in eum effunde virtutem] N.d.r.

[2] Cfr. Leone XIII, Apostolicae curae, 13 settembre 1896, DZ 1963-6. Attraverso questa Bolla, Papa Leone intese negare la validità delle ordinazioni anglicane, sancendo la loro assoluta nullità. In sostanza Don Cekada estende tale giudizio alle ordinazioni  episcopali, celebrate con il rito di Paolo VI, invalide per un insanabile vizio di forma. N.d.t.

[3] Nota aggiuntiva redazionale.